Domenica 7 aprile 2024 si è tenuto a Colico (LC) il Capitolo della Commenda Arcangelo San Michele n° 5. Durante il Capitolo si è discusso il tema del ruolo della cavalleria templare oggi. Ha partecipato al Capitolo anche sua Eccellenza il Gran Priore dell’Ordine per l’Italia, Enzo Polimeni. La discussione è partita dal breve testo del Commendatore, Padre Enrico Arnolfo Proserpio, che qui riportiamo:

Chi appartiene a un ordine cavalleresco si sente spesso chiedere quale senso abbia al giorno d’oggi. Eppure un ruolo da svolgere la cavalleria templare ce l’ha ancora.

Il mondo d’oggi sta vivendo una fase di pericolosa regressione culturale, in cui tornano in auge le divisioni nazionalistiche e gli odi identitari. E spesso i simboli della religione cristiana vengono usati come armi per discriminare, per escludere, per condannare. Eppure in questo non c’è nulla di cristiano. E nemmeno di cavalleresco.

La religione cristiana è per sua natura universale e si rivolge a tutti, indipendentemente dalla nazionalità, o dalla cultura del singolo. La venuta di Gesù il Cristo porta nell’alveo dell’Ebraismo questa grande novità: non c’è più un “popolo eletto”, ma l’intera umanità è chiamata ad ascoltare e seguire la Buona Novella portata dal Salvatore.

Lo stesso vale per la cavalleria. L’Ordine del Tempio non faceva distinzioni di nazionalità. L’atteggiamento corretto verso chi è diverso da noi, sia esso cristiano o meno, è quello dell’umanità, della mano tesa e fraterna, alla ricerca di ciò che ci accomuna e che può divenire punto di partenza per una costruzione comune. L’esempio ci viene proprio dall’Ordine del Tempio. Afferma Franco Cuomo nel suo libro “Gli ordini cavallereschi”:

[…] mai nessuna società organizzata fu tanto vicina quanto lo furono i templari – né mai lo è stata in seguito – alla realizzazione di un progetto di pacificazione universale attraverso il sincretismo religioso e filosofico delle due grandi civiltà contrapposte del Mediterraneo, quella islamica e quella cristiana. Tentativo peraltro coincidente con un disegno di federazione di stati europei programmaticamente destinata a stringere vincoli di fratellanza con gli altri popoli del bacino mediterraneo, coinvolgendo quindi l’intera società civile dell’epoca.[1]

E in nota l’autore ci fa notare:

Della sopravvivenza di questi intenti ecumenici ai nostri giorni fa fede tra l’altro un documento sottoscritto in data 7 novembre 1987 dal gran precettore per l’Italia dell’attuale Supremum Templi Hierosolymitani Ordo Rocco Zingaro e dal principe Abdul Qayum Khan, direttore del centro islamico di Roma, nel quale si auspica che «i morti di tutte le fedi religiose siano di monito agli uomini di buona volontà per costruire il vertice piramidale del nuovo Tempio di Cristallo, dove tutto sia trasparente e puro».

Gli stessi princìpi sono alla base di due documenti sottoscritti in data 6 e 13 marzo 1991, congiuntamente all’esponente templare, dal patriarca cristiano di Antiochia Nasrallah Boutros Sfeir e dal patriarca di Gerusalemme dei Latini Michel Sabbah.[2]

Cuomo giunge a sostenere che proprio questo atteggiamento di disponibilità alla pacifica collaborazione e allo scambio portò alla distruzione dell’Ordine del Tempio, perché la cosa non sarebbe stata ben vista da quei potenti che erano interessati unicamente a imporre il proprio potere politico e i propri interessi economici nelle terre d’Oltremare e non a costruire un mondo migliore per tutti.

Che ciò sia o meno vero, resta il fatto che questo atteggiamento:

[…] permise loro di radicarsi a tal punto nella realtà orientale (senza mai derogare però dalla regola di san Bernardo, teorico e fondatore spirituale dell’Ordine) da intrecciare veri e propri scambi culturali, diremmo oggi, con i circoli esoterici musulmani più evoluti: con i sufi, con i dervisci, ma soprattutto con gli ismaeliti dello Shayk al Jabal, il leggendario Vecchio della Montagna, con i quali sussistevano affinità filosofiche ed organizzative.[3]

I Templari, leggendo il Vangelo di Giovanni, e gli islamici, leggendo il Corano, erano giunti a conclusioni molto simili, dimostrando la sostanziale unità delle due vie, pur rimanendo ognuno con la propria identità. Identità che arricchiva l’altra e offriva occasione di confronto, apprendimento e reciproca crescita e che non era considerata un elemento da rivendicare in modo violento, cercando di annichilire l’altro per imporre il proprio modo di vedere a tutti.

Qualcosa di simile lo troviamo anche nel pensiero di San Silvano dell’Athos. Racconta l’Archimandrita[4] Sofronio, suo allievo:

Siamo giunti a conoscenza di una conversazione avvenuta tra lo Staretz[5] ed un archimandrita che svolgeva un’attività missionaria tra i non-ortodossi. Questi stimava molto lo Staretz e, durante i suoi soggiorni alla Santa Montagna[6], si recò diverse volte a conversare con lui. Lo Staretz gli domandò come predicasse. L’archimandrita, ancora giovane ed inesperto, esclamò gesticolando e muovendo tutto il suo corpo: «Io dico loro: “La vostra fede è fornicazione. In voi ogni cosa è deformata, tutto è falso, e non sarete salvati se non vi pentirete”». Lo Staretz lo stette ad ascoltare, quindi gli chiese: «Dimmi un po’, Padre archimandrita: credono in Gesù Cristo, credono nel vero Dio?» «Sì, in questo credono». «E venerano la Madre di Dio?» «Sì, la venerano; ma la loro dottrina è falsa». «Venerano i santi?» «Sì, li venerano, ma quali santi ci possono essere tra di loro dato che si sono separati dalla Chiesa?» «Celebrano gli uffici nella loro chiesa, leggono la Parola divina?» «Sì, celebrano degli uffici nelle chiese, ma se voi vedeste cosa sono questi uffici in confronto ai nostri… che freddezza, che assenza di vita!» «Ebbene, Padre archimandrita, la loro anima sa che fanno bene a credere in Gesù Cristo, venerare la Madre di Dio e i santi, e recitare le loro preghiere; se voi quindi dite loro che la loro fede è fornicazione non vi ascolteranno… provate invece a dire a questa gente che essi fanno bene a credere in Dio; fanno bene a venerare la Madre di Dio e i santi; fanno bene ad andare in chiesa per gli uffici divini, pregare in casa, leggere la Parola divina e tutte le altre cose; ma che su questo e quest’altro punto sono nell’errore, che solo correggendo questi errori tutto andrà meglio. Il Signore allora si rallegrerà di loro e così noi saremo tutti salvati dalla misericordia di Dio. Dio è Amore; per questo ogni predicazione deve, anch’essa, procedere dall’amore e solo allora sarà salutare per chi predica e per chi l’ascolta. Ma se voi condannate, l’anima del popolo non vi ascolterà e non si giungerà a nulla di buono».[7]

Il discorso dello Staretz Silvano è molto più che una semplice strategia comunicativa: egli invita il giovane Archimandrita a usare l’amore e la fratellanza per convertire e non la condanna e il giudizio. Il Santo athonita ci insegna a essere costruttivi, a stringere e creare legami e a non costruire muri e fortezze dall’alto delle quali ergerci a giudici, a “giusti”. Nell’altro dobbiamo vedere sempre un fratello, anche quando pensiamo che sbagli o che sia immorale, cattivo.  

Come fare dunque per difendere i valori che la cavalleria rappresenta? Il modo giusto è dare l’esempio. Un Cavaliere deve essere una persona coerente con i propri valori, deve essere un esempio per gli altri nel modo di comportarsi e deve mostrare nei fatti ciò in cui crede. I modi concreti sono molti e ognuno può trovare il proprio.

Qualcuno obietterà che i Templari in Terra Santa hanno anche combattuto, spesso ferocemente, e non sono sempre stati dialoganti e pacifici. Abbiamo prima citato alcuni gruppi islamici con cui l’Ordine del Tempio ebbe scambi proficui. Ma non tutti erano come loro. Contro la violenza di chi muoveva guerra, i Cavalieri scendevano in battaglia. Oggi non è più necessario imbracciare le armi per difendere la religione (non in Europa, almeno) e dopo secoli di guerre sanguinose abbiamo ormai compreso che la violenza non è una soluzione e non può risolvere nulla. Possiamo comunque trarre un insegnamento da quelle battaglie antiche in difesa della fede: davanti al fanatismo, di qualunque colore o religione, il Cavaliere deve essere fermo e non deve dare spazio a chi vorrebbe far regredire il mondo e la società, rendendoli intolleranti e incapaci di una pacifica convivenza.

Il Cavaliere Templare, oggi, deve essere un esempio vivente di vita ispirata al Vangelo e le sue armi devono essere la preghiera e le virtù che il Cristianesimo ci indica come fondamentali, a partire dalle tre che più di tutte un Cristiano deve coltivare: Fede, Speranza Carità. Fede in Dio, Speranza nella sua azione in aiuto di questo mondo affinché il male possa un giorno essere sconfitto definitivamente, Carità verso ogni essere umano e specialmente verso chi è più nel bisogno.


[1] Franco Cuomo, Gli ordini cavallereschi nel mito e nella storia di ogni tempo e paese, Newton & Compton editori, 1998, pagina 39.

[2] Franco Cuomo, Gli ordini cavallereschi nel mito e nella storia di ogni tempo e paese, Newton & Compton editori, 1998, pagina 39, nota a piè di pagina.

[3] Franco Cuomo, Gli ordini cavallereschi nel mito e nella storia di ogni tempo e paese, Newton & Compton editori, 1998, pagine 40 – 41.

[4] Il titolo di Archimandrita corrisponde sostanzialmente a quello di Abate.

[5] Il termine Staretz, in russo, significa anziano. Viene usato nel mondo ortodosso slavo come titolo onorifico per coloro che sono ritenuti dei maestri e delle guide nella pratica della fede cristiana.

[6] Si tratta del monte Athos, in Grecia.

[7] Archimandrita Sofronio, Silvano del monte Athos, la vita, la dottrina, gli scritti, edizioni Gribaudi, 2008, pagine 81 – 82.

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